Smart working e Coronavirus

Il nostro modo di fare e vivere le relazioni sta per subire un brusco cambiamento, dettato dalle conseguenze imprevedibili che il Coronavirus porterà nelle nostre vite.

In questo scenario, uno degli strumenti che oggi rappresenta un’ancora di salvezza per le aziende e i lavoratori è lo smart working, cui si è fatto ricorso come mai prima d’ora in questi giorni di crisi.

La possibilità di contagio da Coronavirus e dunque le limitazioni imposte dallo Stato per cercare di limitare la diffusione dell’infezione, hanno costretto molte persone a vivere in isolamento forzato e, grazie alle tecnologie, si sono potute convertire diverse modalità lavorative in attività da remoto.

Ma cosa si intende per smart working? In sintesi, lo smart working è un modello di organizzazione del lavoro che produce notevoli benefici in termini di welfare, di qualità della vita del lavoratore, di produttività e di conseguimento degli obiettivi. In particolare, si tratta di un accordo nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato che intercorre tra il lavoratore e l’organizzazione aziendale, in cui luoghi e orari di lavoro sono scelti liberamente dal lavoratore, in modo flessibile e autonomo. Il dipendente può operare da remoto attraverso tablet, pc, smartphone e piattaforme di condivisione dei dati.

Il Governo, dopo le previsioni del decreto “Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19” del 23 febbraio e i chiarimenti pubblicati nel successivo decreto del 25 febbraio, al fine di limitare il contagio e cercare di dar continuità alle attività lavorative che si possono svolgere anche in remoto, ha varato una nuova normativa per incentivare l’impiego dello smart working. 

Con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 1 marzo, l’Esecutivo ha previsto che lo smart working possa essere applicato dai datori di lavoro a ogni tipo di rapporto di lavoro subordinato, per la durata dello stato d’emergenza (pari a sei mesi come indicato nella Delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020), a tutte le organizzazioni dell’intero territorio nazionale, superando quindi tutte le precedenti disposizioni in materia.

L’articolo 4, comma 1, letter a) del decreto prevede infatti che “la modalità di lavoro agile disciplinata dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81, può essere applicata, per la durata dello stato di emergenza di cui alla deliberazione del Consiglio dei ministri 31 gennaio 2020, dai datori di lavoro a ogni rapporto di lavoro subordinato, nel rispetto dei principi dettati dalle menzionate disposizioni, anche in assenza degli accordi individuali ivi previsti. Gli obblighi di informativa di cui all’art. 22 della legge 22 maggio 2017, n. 81, sono assolti in via telematica anche ricorrendo alla documentazione resa disponibile sul sito dell’Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro“.

Molte imprese, in questi giorni, hanno fatto ricorso allo smart working anticipando di fatto le misure messe in atto dal Governo.

L’introduzione di politiche di lavoro agile, obbligata dalle misure di contenimento, potrebbe rappresentare il punto di inizio di un nuovo paradigma del lavoro nel nostro Paese.

1 thoughts on “Smart working e Coronavirus

  1. […] La temporanea sospensione dell’attività lavorativa o la sua continuazione in modalità smart working non consentono invece gli spostamenti. Le autorità consigliano al cittadino di verificare, prima […]

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